Oggi il caldo è estremo. Quando passo a prendere Francesco per dirigerci a Vercelli per provare in volo il suo F.8L Falco, sembra concentrato sulle prestazioni dell'aereo in una giornata come questa.
Un profilo a flusso laminare, un aereo piuttosto pesante e una pista d'erba corta non depongono a nostro favore a luglio, nel bel mezzo della Pianura Padana, nel nord Italia.
Mentre ci dirigiamo verso il campo, Francesco approfondisce la storia del Falco.
Il mitico ingegner Stelio Frati, il creatore del "Marchetti" (come conosciuto oltreoceano), l'SF 260, aveva progettato, prima del Falco, un altro aereo interamente in legno: il Rondone. Questo aereo era rimasto quasi imbattuto nella gara di rally del Giro di Sicilia, una delle più importanti gare di velocità e navigazione in Europa, all'epoca. Stelio Frati poteva essere l’unico in grado di battere sé stesso con un altro progetto. Questa volta una biposto, dalla costruzione semplice e senza compromessi. Nato per essere veloce, accelerare velocemente e vincere.
Nacque così il Falco, il cui progetto fu poi venduto all'Aviamilano, il vero costruttore degli aerei di serie.
Una struttura interamente in legno, con un'ala rastremata, costruita in un unico pezzo e adattata ad ogni singolo numero di serie.
Un sistema di comandi di volo fatto per lo più di cavi e pulegge, tranne che per la giunzione finale con gli alettoni, più precisamente controllata da aste.
Mentre tiriamo fuori dall'hangar lo splendido I-TINI verniciato di rosso scuro, inizio a fare le mie usuali considerazioni. La missione di questo aereo è correre, essere preciso e veloce. Il piccolo impennaggio verticale, il tettuccio dell'abitacolo molto piatto e quelle ali corte, sottili e affilate come rasoi rendono l'idea al primo sguardo. Francesco mi racconta che, nella prima serie di test, hanno cercato di ridurre la resistenza aerodinamica progettando lo stabilizzatore con un'apertura di 10 cm in meno. Il pilota collaudatore Ettore Wengi non sembrava molto contento e soddisfatto dopo il test e Frati tornò immediatamente ad un piano orizzontale più ampio.
I piloti collaudatori sono sempre così difficili da accontentare...;))
E poi, questo aereo ha un gusto tutto italiano. Velocità, eleganza, caratteristiche senza compromessi. La sua livrea rossa lo fa assomigliare molto a una Ferrari d'epoca!
Tirando fuori l'aereo dall'hangar mi sono reso conto che non deve essere un aereo leggero. 615 kg di massa a vuoto fanno di I-TINI un Falco piuttosto pesante e la scelta di Francesco di installare un Lycoming più grande ha assolutamente senso. L'F.8L che volerò oggi ha un motore da 160 CV invece di quello di serie, che in origine era un Lycoming da 150 CV.
Un'elica a due pale a velocità costante e un carrello d'atterraggio elettromeccanico classico triciclo retrattile completano la mia ispezione esterna.
Francesco mi fa sedere sul sedile di sinistra. Dopotutto, è quasi un warbird, quindi entro con rispetto ed evito di attaccarmi a parti che potrebbero essere fragili e forse introvabili sul mercato.
Quando mi siedo, noto subito la prima caratteristica che il progetto sacrifica per le prestazioni: il comfort! Il tettuccio è così snello che per uno come me, alto 183 cm, la sistemazione è già un compromesso. Si può scivolare sul sedile non regolabile e nascondere la pista dietro il muso dell'aereo, oppure volare con le cuffie che toccano la calotta. Probabilmente opterò per vedere la pista al decollo, per poi scivolare un po' in volo.
Il motore a carburatore non ha segreti per l'avviamento e quando seleziono entrambi i magneti e do un po' di gas, reagisce immediatamente alla rotazione dello starter con un bel ruggito.
Comincio a smuovere e toccare un po’ di cose nell'abitacolo e, ovviamente, eseguo anche una escursione totale dei controlli. I comandi degli assi laterali e di beccheggio sono praticamente privi di attrito e la forza minima per muovere le superfici (detta tecnicamente breakout force) è quasi impossibile da percepire a terra. Una caratteristica impressionante per una catena di controllo a cavi e pulegge. Imposto i flap a circa 20 gradi, o qualche grado in meno, con l'interruttore che aziona il motore elettrico dei flap. Imposto anche il trim in posizione di decollo; in realtà ci vuole un po' per spostare il trim in avanti. Per quanto faccia avanzare la rotella del trim manuale, l'indicatore si muove molto lentamente. Deve esserci qualcosa di correlato a questa caratteristica e probabilmente lo scoprirò in volo!
Durante il rullaggio i pedali sono decisamente rigidi da muovere quando sono collegati al ruotino di prua sterzante e dirigere l'aereo dove voglio su una striscia d'erba irregolare è piuttosto complicato. In compenso, se si accetta di toccare la cappottina con la testa, la visibilità in avanti non è male.
La cosa più difficile nel Falco è la frenata durante il rullaggio. C'è solo un grande pedale del freno, che agisce su entrambe le ruote principali, installato nella parte inferiore centrale del gruppo pedaliera del timone. Bisogna premerlo e modulare la frenata con il tallone. Potete scegliere se usare il destro o il sinistro, ma non c'è altro modo per farlo.
Mi allineo sulla pista 09 e Francesco sembra più contento di prima, perché abbiamo un buon vento contrario di 12 nodi che ci aiuterà a sconfiggere il caldo che oggi sta uccidendo le nostre prestazioni.
Ho impostato la potenza al massimo e una buona dose di timone destroè quello di cui ho bisogno per il decollo. Il Falco rimbalza sulla pista d'erba di Vercelli e a 65 nodi inizio la rotazione. Non troppo aggressiva, però, perché la "procedura di decollo da campo corto" che stiamo applicando farà volare l'ala di I-TINI a malapena a quella velocità. Cinque gradi a muso alto è quello che mi serve e lascio che l'aereo acceleri lentamente attraverso la curva di potenza. Il carrello non va retratto prima dei 90 nodi, perché l'I-TINI ha delle porte meccaniche che si aprono durante la retrazione: questo rende l'aereo più filante e veloce in volo, ma aumenta notevolmente la resistenza aerodinamica durante la transizione carrello.
Una cosa che noto immediatamente è la leggerezza delle forze sul timone quando il carrello si solleva da terra; ogni contributo agli alti gradienti di forza che sentivo deve essere dato dal collegamento tra i pedali ed il carrello anteriore stesso con l’aggiunta dell’attrito col terreno. Le forze che sento ora in volo sono decisamente molto basse.
I flap in transito danno un modestissimo momento di beccheggio a cabrare che viene facilmente compensato spostando il comando longitudinale di pochi millimetri in avanti. Il comando longitudinale è sensibile almeno quanto il timone, con gradienti molto leggeri e una bassa forza di breakout dalla posizione di trim.
A proposito di trim longitudinale, la ruota del trim sposta il punto neutro della cloche attraverso un meccanismo a molla che ritengo utile anche per trasmettere al pilota un po' di “force feedback” durante le manovre. L'azionamento molto lento del trim si rivela probabilmente progettato apposta per questo aereo. Anche se le forze sono così leggere, dal primo test di stabilità che ho fatto il Falco risulta essere molto stabile e preciso nel catturare e mantenere una velocità. Una velocità di azionamento più bassa, in questo caso, rende il trimmaggio terribilmente preciso ai fini del mantenimento della velocità e compensa per le notevoli caratteristiche di sensibilità del comando, evitando l’over-controllo da parte del pilota. Ha totalmente senso per un aereo progettato per le gare di rally.
Il controllo laterale è leggero e armonizzato con i gradienti del longitudinale e del timone, rendendo il Falco sensibile ma estremamente preciso e piacevole da pilotare. La stabilità di crociera è positiva, in quanto la fugoide converge in circa un ciclo a 160 nodi e non è presente alcun dutch-roll quando si entra e si esce con gli alettoni da virate aggressive.
La stabilità in manovra, che metto sempre in dubbio quando si ha un così leggero gradiente di forza nell'asse longitudinale, è invece decisamente buona e gli sforzi sulla stick risultano crescere proporzionalmente con i G.
Impostando il motore in "crociera veloce", 24" MAP e 2400 RPM, l'aereo accelera facilmente fino a raggiungere una velocità costante di circa 150nodi di velocità indicata a circa 3000 ft di quota. Anche con un più economico 22" /2200 I-TINI vuole volare a non meno di 135-140 nodi, un regime molto buono anche per il turismo.
È ora di rallentare e capire come si comporta dall’altro lato del suo punto di progetto. È nato per essere veloce, ma prima o poi dovrà atterrare!
Imposto la manetta dei giri al massimo e la MAP al minimo, e inizio la mia decelerazione verso uno stallo pulito. Assaggio anche i comandi ogni 10 nodi di decelerazione, una tecnica che si chiama "EAR Check" (Elevator-Aileron-Rudder) per vedere se c'è qualcosa che non mi piace nelle forze che sento sui vari comandi, dato che un'eventuale perdita di autorità o un problema di stabilità a bassa velocità sarebbe accompagnato da una netta riduzione dei gradienti di forza mentre ci avviciniamo alla velocità di stallo. È solo un modo per far stallare in sicurezza un aereo che non hai mai stallato prima. Smetto di trimmare a circa 100 nodi, in modo da poter raggiungere lo stallo con un momento di beccheggio positivo e deciso del muso verso il basso, in modo che si rimetta in sicurezza anche a comandi liberi.
C'è forse un "accenno" di buffet a 68 nodi, ma poi, quando arriviamo esattamente a 65, l'ala destra si abbassa in modo così aggressivo da cogliermi di sorpresa. La rotazione è violenta e improvvisa, e io neutralizzo i comandi e spingo la cloche verso zero G, solo per essere sicuro che l'angolo di attacco dello stallo si rompa del tutto. Francesco ride e mi guarda dicendo: "divertente, vero?". La maggior parte dei Falco in giro per il mondo hanno induttori di stallo sul bordo d'attacco che rendono l'aereo più docile e più facile per tutti, ma I-TINI, che ha mantenuto l'ala originale, sfrutta tutti i vantaggi di un'ala corta e affusolata utilizzando un profilo a flusso laminare che lo rende un mostro da gara, ma anche un aereo che bisogna pilotare con precisione chirurgica, se non si vuole accidentalmente incappare negli inconvenienti naturali di un progetto senza compromessi.
Mi sentivo un po' come quando volavo con gli F-104, ai vecchi tempi...
Lo stallo con i flap a 20 gradi non è diverso e l'ala cade in modo ancora più aggressivo, anche se con un po' più di preavviso rispetto a quella pulita.
Bene, ora è il momento di divertirsi un po'. L'acrobazia è quello che aspettavo, dato che la mia profonda esperienza sull'SF260 richiedeva un confronto con un altro progetto Frati, visto che ho già volato con tutti i Frati acrobatici tranne il Falco.
Imposto l'elica a 2600 giri/minuto e inizio con qualche sfogata, manovra che amo eseguire sia per il mio piacere personale che per le buone indicazioni che fornisce sull'armonizzazione dei comandi di volo sotto G e sulla tendenza all'accelerazione-decelerazione dell'aereo in prova, rimanendo comunque sempre all'interno di assetti sicuri.
Per quanto i comandi siano insolitamente leggeri e sensibili, rimangono super armonici durante le manovre. Datevi il tempo per un paio di virate e di chandelle ed il Falco vi spinge a fare di più!
La velocità per un looping è di 170 nodi, ma leggo erroneamente il valore in MPH sull'anemometro a doppia scala, finendo per effettuare il primo looping a 150 nodi. Sento l'aereo leggero nella fase rovescia, ma l'ottimo e continuo rateo di tracking del muso anche a bassa velocità rende la manovra sbagliata sicura e quasi priva di conseguenze.
Questa volta ne faccio un'altra buona, e il looping viene fuori facile e pulito, con solo una leggera dose di timone da dare durante lo sviluppo verticale e con un'energia che sembra sempre molto alta anche quando siamo rovesci. La tendenza ad accelerare è comunque evidente e richiede un po' di attenzione nelle manovre a muso basso. Sia nel looping che nei quarti di quadrifoglio, quando l'assetto passa a 30° in picchiata, è necessario togliere potenza o tirare un po' più del previsto per riprendere la velocità/altitudine desiderata, senza avvicinarsi pericolosamente alla VNE, non così difficile da raggiungere. Continuo con i barrel roll e altre sfogate per arrivare a un tonneau puro che eseguo con la massima deflessione della cloche a 140 nodi o poco meno. Il rateo di rollio non è strabiliante, qualcosa che ad occhio mi sembrerebbe intorno ai 120°/sec, ma è più che sufficiente per divertirsi e uscire in sicurezza da qualsiasi situazione indesiderata. Mi piacerebbe fare un test di vite ora, ma avremmo bisogno di salire per un bel po' di tempo, con la pressure altitude di oggi, e quindi lo lasciamo per la prossima volta.
Mentre scendiamo ed entriamo in pista, Francesco mi prepara per l'atterraggio; un finale a circa 80 nodi a tutto flap e con un finale ripido è quello che si raccomanda per il Falco, e con la mia esperienza di stallo di 20 minuti prima, me ne convinco facilmente. C’è bisogno di energia e non ci si può permettere di rallentare troppo in corto finale. Ho in mente una manovra di flare continua e lenta. Carrello giù, flap a 40 gradi in sottovento ed entriamo in virata base con un bel po' di potenza per mantenere la velocità. Credo che l’estrazione completa dei flap faccia aumentare di molto la resistenza aerodinamica, rispetto all'aereo pulito, e questo rende l'uso continuo della manetta un buon modo per ottenere la velocità desiderata. Non ci sono approcci in secondo regime qui, ma si usa rigorosamente la manetta per la velocità e il comando longitudinale per l’angolo di avvicinamento e la quota.
La pista è corta e so che per il primo atterraggio su un aereo così impegnativo non è l'opzione migliore, ma penso di aver ottenuto capito qualche punto fondamentale di questo aereo durante il volo; quindi, scendo fiducioso sopra gli alberi in finale rallentando solo un po', intorno ai 75, e mantenendo dentro un po' di motore, senza cercare di fare una flare estrema, ma toccando invece con un po' di velocità in eccesso, che è più sicuro e forse l'opzione migliore per l'F.8L.
Atterro con il carrello principale e abbasso lentamente il muso andando subito a premere con il tallone destro il goffo attuatore del freno, che comunque funziona perfettamente per la lunghezza della pista rimanente.
Non ringrazierò mai abbastanza l'amico Francesco per questa possibilità, visto che in tutto il mondo volare con questo gioiello dell'ingegneria sta diventando sempre più difficile per la manutenzione, l'attenzione e la passione con cui bisogna affrontarlo. Le capacità di pilotaggio e l'addestramento necessari per possedere un simile pezzo d'arte non sono comunque secondi alla passione!
Stelio Frati non mi ha deluso nemmeno questa volta, e ci sarà un motivo se la gente di tutto il mondo continua a volare e mantenere in ordine di volo i suoi aerei. E sì, posso dire con orgoglio a tutti coloro che volano con le sue macchine, che il piacere e la soddisfazione che si prova alla fine della giornata hanno un forte sapore Italiano.
Jack